giovedì 9 febbraio 2017

DIFFICOLTA' SESSUALI MASCHILI

Autore: Dott. Raffaele Lopreiato  Sessuologo Vibo Valentia

I disturbi sessuali maschili sono classificati in disturbi primari e disturbi secondari, secondo che appaiono all’inizio della vita sessuale o più tardivamente; vi sono poi i disturbi temporanei, permanenti, parziali, ecc.. E poi ancora i disturbi selettivi, che insorgono solo con una determinata partner e non con altre.

Il deficit erettile può essere completo o incompleto; l’erezione può esistere ed essere valida durante la masturbazione o scatenarsi in maniera spontanea, per scomparire nell’imminenza di un possibile rapporto coitale. Un’erezione può essere insufficiente all’inizio dell’attività sessuale e diventare più che sufficiente in seguito; oppure essere normale all’inizio per scomparire o ridursi nel corso del coito.

L’eiaculazione precoce può presentarsi secondo varie sfumature. Essa può rendere il coito impossibile se si verifica prima della penetrazione, oppure al minimo contatto fisico.  Invece, l’eiaculazione può essere solo relativa , cioè non permettere il soddisfacimento della partner, benché l’atto sessuale abbia una durata che può essere considerata normale; in questi casi è la partner che è troppo lenta nella sua reattività o è francamente inibita. Se considerati nel giusto contesto, cioè quello dei disturbi sessuali di coppia, in questi casi l’uomo presenta il sintomo, ma è la donna ad indurlo.

Esistono delle forme dissociative per quanto concerne i disturbi dell’eiaculazione, come, ad esempio, si verifica nel caso di soggetti che eiaculano bene durante il sonno sotto l’effetto di attività oniriche e non riescono ad eiaculare nello stato di veglia; oppure, soggetti che hanno una normale eiaculazione masturbatoria, ma non riescono ad eiaculare durante il coito.

Altre tipologie dissociative riguardano rispettivamente il desiderio e l’attività sessuale, per esempio, si riscontrano facilmente le deficienze erettili con desiderio conservato e conseguente impossibilità di scaricare la tensione. Lo stesso avviene in certe difficoltà eiaculatorie, dove l’erezione si mantiene per un tempo prolungato in attesa dell’eiaculazione, ma senza che vi sia un desiderio erotico concomitante.

Un altro gruppo di turbe dissociative, se così le possiamo chiamare, configurano alcune patologie del ritmo. Per esempio, possiamo riscontrare degli anacronismi tra il desiderio che si produce nel sogno durante la vita notturna, mentre fa difetto nello stato di veglia.

Altri possibili anacronismi si hanno quando il desiderio si produce in circostanze in cui la relazione sessuale è praticamente impossibile, mentre sparisce quando le circostanze sono favorevoli. E’ chiaro che, quando i ritmi di un soggetto non vanno d’accordo con quelli del partner (come avviene, ad esempio, quando uno dei due membri della coppia ama far l’amore di sera, e l’altro invece la mattina) l’intesa sessuale può deteriorarsi e finire a pezzi.

Anche se i disturbi dell’erezione e i disturbi dell’eiaculazione devono essere tenuti distinti e separati dal punto di vista fisiopatologico, esistono, tuttavia, delle correlazioni sul piano psicologico, nel senso che i secondi potrebbero succedere ai primi in quanto che il soggetto con insufficienza erettile, consapevole della sua condizione, tenderebbe ad affrettare la conclusione del rapporto nel timore di perdere l’erezione.

L’impotenza erettile si manifesta spesso come un fenomeno irregolare e progressivo, che tende a riprodursi quando ricorrono le circostanze. Il soggetto a poco a poco adotta un comportamento di passività e di rassegnazione, tende a divenire meno aggressivo nella sua vita relazionale, ma nello stesso tempo può sviluppare un’eccitazione di tipo mentalizzata che lo rende ansioso e lo allontana dall’interesse corporeo della sessualità. Il circolo vizioso della paura dell’impotenza rafforza progressivamente lo stato patologico, perché difronte all’eventualità di un rapporto sessuale il soggetto si domanderà come sarà capace di reagire. Il che avrà come conseguenza il mantenimento e l’accentuazione del sintomo.

Anche l’eiaculatore precoce può entrare in un circolo vizioso, essendo egli una persona ansiosa, sempre preoccupato di fare bene, sempre concentrato sulla propria eccitazione: si domanda ogni volta se sarà capace di resistere più a lungo, pensiero che non fa che accelerare la precipitazione ed aumentare la fissazione ansiosa sull’atto sessuale.

E qui si può verificare il fenomeno inverso di quello segnalato prima, che cioè a una sintomatologia di eiaculazione prematura può far seguito una deficienza erettile secondaria: l’insoddisfazione ripetuta dovuta agli atti sessuali brevi causa una scomparsa reattiva del desiderio che si ripercuote sul meccanismo di indizione della tumescenza del pene.

L’ansia da prestazione è molto conosciuta in Sessuologia e ad essa vengono imputate molte defaillances sessuali; essa si caratterizza nella cosiddetta sindrome da spectatoring, che comporta uno sdoppiamento della personalità umana maschile nel momento in cui fa l’amore: e cioè, una parte è quella che ha avviato la reazione sessuale, ed un’altra, lo spettatore, è quella che osserva, controlla e giudica l’operato della prima. Ora è chiaro che, in condizioni abituali, e tranne che si tratti di individui molto disinibiti, come ad esempio gli attori pornografici, a nessuno farebbe piacere essere osservato nella propria intimità e chiunque eviterebbe situazioni di questo genere, o ne verrebbe fortemente condizionato.

E’ così che si spiegano alcune impotenze temporanee in giovani in piena salute sessuale, i quali, avendo sperimentato una volta, per cause dipendenti dalla propria timidezza, o da un particolare disagio, magari in condizioni sfavorevoli per il sesso, un deficit erettivo, perdono poi l’autostima ed entrano in un tunnel da cui difficilmente riescono ad uscire senza un aiuto; questo perché ogni volta, ad ogni successivo tentativo, temono di non farcela e si controllano con la mente senza concentrarsi sull’attività sessuale e sul piacere che essa può regalare. Come si può capire, in questi casi il fallimento è d’obbligo.  L’autostima viene ancor più diminuita quando i giovani pensano che gli altri membri del gruppo di cui fanno parte possano venire a conoscenza dei loro problemi.

CHE COSA E' LA DISPAREUNIA

Autore  Dott. Raffaele Lopreiato   Sessuologo  Vibo Valentia

La dispareunia è la condizione del coito doloroso. Può essere primaria, quando la difficoltà risale già ai primi rapporti sessuali, e secondaria, quando essa appare più tardi, dopo che i rapporti sessuali si sono svolti in maniera più o meno accettabile e soddisfacente.

Può essere esterna, quando il dolore o le sensazioni sgradevoli sorgono già dai primi tentativi di penetrazione, all’inizio quindi del rapporto sessuale, e interna, quando il dolore insorge in piena attività coitale, dopo cioè che vi è stata la penetrazione e si sono avviati i movimenti coitali.

Numerose cause organiche possono essere all’origine di questa disfunzione: per esempio, nella dispareunia esterna la causa può essere un’atresia vaginale, una caruncola uretrale, la vulvodinia, una vulvovaginite, una bartolinite, un’uretrite, una cicatrice da episiotomia o da perineorafia, ecc..; oppure ancora possono essere chiamate in causa delle fissurazioni anali, delle fistole rettovaginali, il lichen scleroatrofico vulvare, la leucoplasia, le emorroidi, la candida, ecc..

Per la dispareunia interna possiamo invocare come possibili cause una cervicite, l’endometriosi, un’infiammazione pelvica, la retroversione uterina, un tumore ovarico o uterino, ancora una vulvovaginite, ecc..

Nell’età avanzata causa frequente di dispareunia può essere la fibrosi senile della vagina, ed ancora stati irritativi della vescica, la colite cronica o una qualunque forma di congestione pelvica.
Oltre tutte le possibili causa organiche di dispareunia, che abbiamo menzionato, non dobbiamo dimenticare le cause emotive o conflittuali, superficiali o profonde, di questa disfunzione.

Il dolore infatti può essere strumentalizzato.
Il dolore può ostacolare ogni forma di godimento, e quindi può essere utilizzato come un’arma contro il partner, accusato ogni volta di procurare dolore anziché piacere.
La dispareunia può essere la manifestazione esterna di bisogni masochistici o autopunitivi, o il risultato di un autocontrollo eccessivo. Altre volte essa è indotta da bisogni sadici profondi da parte del partner, che si abbandona a un’attitudine troppo violenta nell’esercizio sessuale. 

Per qualche donna la sensibilità genitale è maggiormente tarata sul disagio e sul dolore piuttosto che sul piacere; sembra che in esse la soglia del dolore sia molto bassa e sopravanzi bloccandola quella del piacere.

La dispareunia compare nel 9-13% delle donne fertili e fino al 45% delle donne in menopausa.

Nel periodo menopausale e post-menopausale la carenza di estrogeni induce modificazioni dell’epitelio vaginale (scarsità delle cellule superficiali contenenti glicogeno, riduzione dei bacilli di Doderlein, aumento del PH vaginale), la diminuizione dei fluidi vaginali, del flusso sanguigno e della produzione di glicogeno porta alla scomparsa delle colonne vaginali anteriore e posteriore, alla riduzione della trasudazione con conseguente ostacolo alla normalità dei rapporti sessuali.

Altre cause di dispareunia in menopausa sono da ricondurre a disfunzioni in altri aspetti della risposta sessuale, e/o a problemi psicoemotivi personali o relazionali, comparsi o peggiorati in concomitanza con la persistenza del dolore ai rapporti.

La somministrazione di estrogeni (terapia ormonale sostitutiva per via sistemica = HRT), induce, già dopo una settimana di trattamento, la modificazione in senso maturativo delle cellule atrofiche, senza influenzare le cellule atipiche, permettendo la formazione di un "background" più chiaro e risolvendo pertanto il dubbio diagnostico.
L'elevata efficacia del trattamento estrogenico nella prevenzione e trattamento della sintomatologia dovuta all'atrofia vaginale è stata largamente dimostrata ed i vari studi concordano nel riportare una rapida e significativa riduzione del profilo sintomatologico .
La somministrazione vaginale degli estrogeni è efficace su tutti i sintomi legati all’atrofia uro-genitale e produce miglioramenti soggettivi praticamente immediati nelle donne con bruciore, secchezza vaginale e dispareunia. La via di somministrazione vaginale è elettiva per quelle donne che presentano disturbi urogenitali, ma non vogliono o non possono fare HRT sistemica.
La somministrazione di estrogeni in crema vaginale prevede una applicazione una o due volte al dì, per due o tre settimane.
           
Risolti i sintomi dell'atrofia, sarà sufficiente una applicazione da una a tre volte la settimana.
Efficaci anche i fitoestrogeni nel contrastare l’atrofia vaginale: l’applicazione di un gel vaginale a base di fitoestrogeni è in grado di evitare e di impedire la ricomparsa di questi disturbi legati alla carenza estrogenica.

Tecniche di ringiovanimento vulvo-vaginale vengono praticate oggi e sono molto efficaci nel ridurre gli inestetismi e i disturbi legati alla senescenza dell’area ano-genitale. In particolare, per quanto riguarda la vagina, il trattamento viene eseguito con tecnologia laser CO2 frazionale (monnalisa touch); i risultati vengono riferiti soddisfacenti dalla maggior parte delle pazienti.

Da non dimenticare poi l’utilizzo locale di gel e creme lubrificanti a base di camomilla, malva, calendula, ecc.., che, oltre all’azione lubrificante, hanno un effetto lenitivo ed emolliente e proteggono le mucose e la cute da bruciori e irritazioni.

Fattori favorenti la dispareunia in menopausa possono essere:

Fattori clinici
  -Sintomi vasomotori
  -Atrofia secchezza uro-genitale
  -Incontinenza urinaria
  -Depressione
  -Disturbi del sonno
  -Sindromi associate da dolore cronico

Fattori psico-sociali
  -Atteggiamento anti-aging
  -Avversione verso sessualità
  -Non accettazione cambio ruolo sociale
  -Rifiuto immagine di sé e della propria corporeità

Fattori relazionali 
 -Perdita o cambio partner
  -Disponibilità verso il partner
  - Disponibilità del partner
  - Problemi sessuali del partner

Mappatura del dolore dispareunico:
Introitale: vulvite, vaginismo, vulvodinia, esiti iatrogeni
Medio-vaginale laterale: ipertono elevatore dell’ano
Medio-vaginale anteriore: cistite interstiziale
Medio-vaginale posteriore: patologia ano-rettale
Profonda

Tempistica del dolore dispareunico:
Ante portam: atteggiamento fobico, vaginismo, infezioni
Introitale: mialgia- ipertono elevatore dell’ano
Post coitale: contrattura difensiva antalgica del pavimento pelvico
Persistente: vulvodinia

Anche nella dispareunia di origine organica, gli aspetti relazionali possono contribuire al persistere o all’aggravarsi della percezione del dolore.
Possono entrare in gioco: mancanza di intimita, conflitti coniugali, abusi fisici e verbali del partner, insoddisfazione sessuale, problemi sessuali del partner.

Diagnosi di dispareunia da causa organica
 - Esame batteriologico a fresco
 - Tamponi vaginali (germi comuni, clamidia, miceti, protozoi, HPV, HSV)
 - Colposcopia
 - Vulvoscopia
 - Biopsia
 - Ecografia trans-vaginale
 - Diagnostica clinica (endometriosi, malformazioni, neoplasie, malattie autoimmuni. neuropatie ecc..)
LA NEGATIVITA’ DI TALI ESAMI PONE  LA DIAGNOSI DI DISPAREUNIA IDIOPATICA

CHE COSA E' IL VAGINISMO

Autore: Dott. Raffaele Lopreiato  Sessuologo  Vibo Valentia
Il vaginismo è un disturbo durante il quale e per il quale non è possibile un rapporto sessuale perché ogni tentativo di penetrazione vaginale suscita una contrazione spastica involontaria dell’ostio vaginale.
Il vaginismo viene definito anche come “Persistente o ricorrente difficoltà della donna a consentire la penetrazione vaginale nonostante il  desiderio che ciò avvenga.”

Ricorre nell’ 1% delle donne fertili.

Dal punto di vista funzionale il vaginismo è provocato da una contrazione spastica involontaria dei muscoli del perineo, della vulva e dell’orificio vaginale. Queste contrazioni possono essere dolorose o meno.

Tra le possibili cause organiche del vaginismo possiamo ricordare le erosioni, le lesioni ulcerative, le escoriazioni della regione genitale esterna, gli stati infiammatori della basse vie urinarie, le vulvovaginiti, le neoformazioni locali, ecc.. Una delle cause più frequenti di vaginismo e di dispareunia è la vulvodinia.

Il vaginismo può presentarsi nelle donne vergini, ma anche nelle donne che hanno avuto esperienze sessuali. Vi è anche un vaginismo della menopausa e un vaginismo dell’età senile. Inoltre, il vaginismo può essere selettivo, quando si verifica solamente con un determinato partner.

Anche il vaginismo può avere un valore simbolico, come forma di rifiuto della penetrazione, cioè dell’intromissione di un dato partner, che ben accetto all’apparenza, è in realtà oggetto di un’ostilità profonda e dissimulata. Altre volte il rifiuto non è selettivo, ma totale, come avviene in tante donne che hanno subito violenza, o in donne vergini a vita con fobia del pene e della penetrazione (sindrome del pene-coltello).

Il vaginismo può costituire anche un vero sintomo di conversione isterica e, in questo caso, secondo la psichiatria, esprime non soltanto la tendenza a creare un ostacolo per l’attività sessuale, ma può rappresentare anche un desiderio inconscio deformato: per esempio, il desiderio di impadronirsi del pene e di trattenerlo. Gli spasmi che impediscono la penetrazione del pene potrebbero rappresentare una difesa contro questo desiderio aggressivo.
La dimostrazione che tale desiderio aggressivo inconscio possa esistere è data dai casi per fortuna rari di pene captivus, in cui lo spasmo muscolare insorge intorno al pene dopo la penetrazione, nel pieno dell’attività coitale, configurando una situazione tanto grottesca quanto tragica, perché richiede la risoluzione dello spasmo nel più breve tempo possibile, pena lesioni gravissime sulla verga.

Situazioni di vaginismo sono alla base di molti matrimoni bianchi.

Il vaginismo deve essere distinto dalla ostruzione fisica dell’ostio vaginale, come può aversi per talune malformazioni; ne consegue che la diagnosi di vaginismo presuppone l’osservazione clinica. 

Il vaginismo va distinto altresì dalla semplice fobia della penetrazione. Il fatto è che, nella maggior parte dei casi, la preclusione fobica della penetrazione accompagna il vaginismo. 

In questi casi occorre trattare prima la preclusione fobica del rapporto sessuale con i metodi psicoterapeuti più adatti al caso, e poi applicare la terapia sessuale, che consiste, sostanzialmente, nella prescrizione di semplici esercizi che mirano a rimuovere la reazione vaginale condizionata.

CHE COSA E' LA VULVODINIA

CHE COSA E’ LA VULVODINIA?


La vulvodinia è così definita: «Dolore cronico, localizzato nella regione vulvare, perdurante da tre a sei mesi, senza cause definibili»
La vulvodinia può essere cronica, continua o intermittente, episodica (e spesso esacerbata in fase premestruale).

Può non essere causata da alcun fattore noto (spontanea), o può manifestarsi in risposta a uno stimolo tattile (provocata), inclusi un abbigliamento troppo stretto o la stimolazione fisica dell’area vulvare, in occasione del rapporto sessuale o della visita medica.

Può essere generalizzata, ossia estesa a tutta l’area vulvare, o circoscritta all’area vestibolare («vestibolite vulvare», VVS), al clitoride («clitoralgia»), alla mucosa periuretrale o a una porzione limitata della vulva.

Dal punto di vista clinico, un’accurata «mappa del dolore» consente di identificare con chiarezza la sede e l’intensità del dolore stesso, risultante dall’anamnesi e dalla valutazione dei sintomi che la donna riferisce durante l’esame pelvico.

La vulvodinia, può essere il solo sintomo che la donna lamenta (si parlerà allora di vulvodinia isolata), o manifestarsi in comorbidità.

Patologie mediche spesso coesistenti.
Infezioni vulvovaginali da Candida, distrofie e neoplasie vulvari, dermatiti da contatto, atrofia ipoestrogenica e ipoandrogenica, lichen scleroatrofico, sindrome della vescica dolorosa, endometriosi, sindrome del colon irritabile, fibromialgia, cefalea, ansia, depressione.
Fra gli altri disturbi medici che possono associarsi al dolore vulvare cronico vanno ricordate patologie neurologiche come la sindrome da intrappolamento del nervo pudendo e la sclerosi multipla, le mialgie
(soprattutto del muscolo elevatore dell’ano) e i fattori iatrogeni, come il dolore secondario a interventi chirurgici (episiorrafia, emorroidectomia, colporrafia posteriore) o a radioterapia pelvica e perineale.

Disturbi psichici spesso coesistenti
Habitus ansioso
 - Varie forme di dolore cronico
 - Emicrania
 - Colon irritabile
 - Bruxismo
 - Distonia muscolare pelvica
 - Bassa autostima
 - Perdita fiducia nei sanitari
 - Atteggiamento sessuofobico
 - Conflittualità coniugale
 - Paura gravidanza indesiderata
 - Abuso sessuale
 - Attacchi di panico
 - Comportamenti ossessivi
 - Sindromi depressive

Disturbi sessuali spesso coesistenti
 - dispareunia introitale
- perdita del desiderio
- secchezza vaginale
- anorgasmia coitale
- evitamento sessuale

Le potenziali cause del dolore vulvare sono divise in quattro categorie:
• infettive;
• infiammatorie;
• neoplastiche;
• neurologiche.

Per poter arrivare alla diagnosi di vulvodinia, intesa come «disagio vulvare, spesso descritto come dolore urente in assenza di rilevanti cause visibili o di uno specifico disturbo neurologico identificabile a livello clinico», le varie condizioni che ricadono in queste categorie devono essere via via escluse.
Le condizioni morbose causa di dolore vulvare sono diagnosticabili clinicamente ( esame obiettivo, tamponi, biopsie ecc.). La negatività di tali esami e la sintomatologia durevole da tre mesi o più,  permettono di porre, per esclusione, la diagnosi di vulvodinia. Il ritardo diagnostico medio è di circa 4 anni.

La vulvodinia può essere esacerbata da fattori psicobiologici (ansia, depressione, distress cronico) e psicosessuali (molestie, abusi fisici e sessuali) e da trigger sessuali come la penetrazione.

La causa del dolore vulvare va sempre ricercata con attenzione: può non essere immediatamente visibile a una prima sommaria analisi della vulva, ma può e deve diventarlo quando venga effettuato un esame medico obiettivo appropriato e competente, e/o quando i dati istologici rivelino con chiarezza la presenza di una infiammazione: una condizione tipica della vestibolite vulvare.

La vulvodinia è un disturbo fortemente stressante, con importanti conseguenze a livello fisico, psicosessuale, interpersonale e sociale.
Aspetti biologici: oltre ad essere un serio problema medico in sé, la vulvodinia può innescare un processo algico ad ampio raggio che coinvolge tutta la regione pelvica, presentandosi come un vero e proprio segnale d’allerta generalizzato.

Il processo infiammatorio cronico sotteso al dolore vulvare può infatti estendersi ad altri organi pelvici: la comorbidità più frequente, a questo proposito, è rappresentata dai sintomi vescicali (cistite post-coitale, sindrome della vescica dolorosa).
Altre significative comorbidità riguardano, l’endometriosi, il dolore pelvico cronico, la sindrome del colon irritabile, la fibromialgia, la sindrome da fatica cronica («fatigue»), la coccigodinia, la cefalea e l’ansia/depressione.

Evidenze ancora da confermare pienamente sembrano suggerire che la fisiopatologia di queste comorbidità presupponga un processo infiammatorio cronico che coinvolge organi pelvici differenti.



GLI ESERCIZI DI KEGEL

Autore: Dott. Raffaele Lopreiato   Sessuologo  Vibo Valentia

Nelle donne carenti di reazioni sessuali e con un basso livello di carica libidica, si cerca di cità di incrementare la loro capacità di risposta con vari mezzi: un metodo molto efficace è rappresentato dagli esercizi di Kegel.

Il Dott. Arnold Kegel ha sostenuto che la debolezza e l’atrofia del muscolo pubococcigeo rappresenta una causa importante di carenza di reazione sessuale femminile. Sostanzialmente, le sensazioni propriocettive provenienti dai muscoli perivaginali costituiscono una fonte importante di sensazioni vaginali di piacere erotico.

L’orgasmo femminile consiste di contrazioni dei muscoli cavernosi ischiatici e bulbari, e dei muscoli pubococcigei; pertanto, il rafforzamento del tono di questi muscoli sarebbe utile a produrre orgasmi più potenti e più soddisfacenti. Il Dott. Kegel e i suoi seguaci consigliavano alle donne, per migliorare il tono di questi muscoli, di contrarre i muscoli pubococcigei per dieci volte di seguito una o due volte al giorno. I muscoli vengono contratti come nell’atto di trattenere il flusso dell’urina. In questo modo la donna prende consapevolezza di questo fascio muscolare, che può essere mantenuto in efficienza con degli esercizi giornalieri programmati. 

Gli esercizi di Kegel oggi sono molto consigliati in ambito sessuologico per diverse disfunzioni e patologie femminili: nell’incontinenza urinaria, algie pelviche, nella vulvodinia, nell’atrofia vaginale post-partum, nell’atrofia vaginale senile, nella riabilitazione del pavimento pelvico al posto della elettrostimolazione con elettrodo introdotto in vagina, in tutti quei casi in cui la donna vuole rafforzare l’efficienza del proprio motore erotico.

Inoltre, gli esercizi di Kegel non si fanno più nel modo che abbiamo descritto, contraendo volontariamente i muscoli perivaginali, ma ci si avvale di mezzi specifici, costituiti da una serie di palline rotonde di materiale biocompatibile e molto levigato, di peso crescente, da introdurre profondamente in vagina e tenere per tempi stabiliti: l’introduzione delle palline, di peso via via crescente col progredire dell’esercizio, stimola i muscoli che si contraggono stringendo e avvolgendo le palline. 

Per la stimolazione di punti specifici della parete vaginale vengono impiegati, dello stesso materiale, dei cilindri dotati di batteria interna, e quindi vibranti, di facile impiego e maneggevolezza per la donna. Naturalmente, questi ultimi possono essere usati anche a scopo ludico.

IL PRURITO VULVARE

Autore: Dott. Raffaele Lopreiato   Sessuologo  Vibo Valentia
Si può avere prurito vulvare in tutte le patologie sistemiche che comportano prurito. Ricordiamo: allergie alimentari o da farmaci, immunopatologie, insufficienza renale cronica, epatopatie, endocrinopatie, emopatie, infezioni, alcolismo, neuropsicopatie, uso e abuso di farmaci.

Si può avere prurito vulvare in molte patologie localizzate all’area genitale. Ricordiamo: allergie da contatto, vulviti e vulvovaginiti batteriche, micotiche, virali, infestazioni, lichen, psoriasi, lichen sclerosus, involuzione senile dell’area genitale, neoplasie, ed altro.

Ma voglio mostrarvi l’altra faccia del prurito vulvare, un prurito insidioso dove nessuna causa organica è dimostrabile.

• Galeno definisce il prurito:  “ Dolorifica voluptas

Nel Nuovo Dizionario della Lingua Italiana  (Tommaseo e Bellini, 1871) si parla del prurito come     “ cosa mista di diletto e consumamento “ e poi:  “ … con quel prurito ci inducono, grattandoci noi, molestia e piacere insiemamente.

o     Prurito significa voglia, desiderio, capriccio, libidine.  ( Tommaseo e Bellini ).
o     «Ti cacciu u mangiasuni» (dialetto calabrese)  =  Soddisferò le tue voglie.
o     Un’aggressività repressa è presente nel modo di dire: Mi prudono le mani.
o     L’imbarazzo, cioè la situazione conflittuale, è rappresentato dal grattarsi la testa.
o     Con «certi pruriti» si intendono taluni capricci sessuali.
o     «C’è qualcosa che mi rode…»  =   «Mi mangia…»

Il prurito vulvare è descritto dalla donna come una sensazione che sta fra il piacevole e il doloroso (dolorifica voluptas) e che spinge a grattarsi. L’esperienza dimostra che il prurito piacevole è solo quantitativamente diverso dal doloroso, cioè uno stimolo lieve fornisce piacere, uno stimolo forte provoca dolore.

Consideriamo il prurito vulvare considerando tre fascie di età della donna:

    L’età dell’adolescenza e della prima   giovinezza
    L’età della piena maturità sessuale
    L’età della menopausa e della post-menopausa

Nelle giovani donne il prurito risulta spesso associato ad onanismo e può complicarsi poi con una dermatosi. Quando le ragazze accettano, per motivi morali o religiosi (adesso non più!), l’astinenza sessuale, spesso ciò comprende non solo il rapporto sessuale ma anche il soddisfacimento masturbatorio. Il piacere che il grattarsi procura ha per molte di queste ragazze un significato sostitutivo della masturbazione. Se la ragazza ha dovuto reprimere la masturbazione può darsi che ricorra ad un mezzo di compensazione, quello di grattarsi, essendo lecito farlo se c’è prurito.

Lo stesso meccanismo è ipotizzato per spiegare il prurito vulvare del viaggio di nozze: qui al fattore emozionale si aggiunge evidentemente quello fisico, dal momento che repentinamente e intensamente, come mai prima, la giovane è chiamata a consumare rapporti sessuali multipli e ravvicinati.
E’ lecito pensare che una donna, giovane e fragile, possa mettere in atto dei meccanismi di difesa (leucorrea, cistite, prurito, ecc..) per proteggersi da attacchi ritenuti eccessivi o maldestri, a volte persino brutali.

Anche nella piena maturità sessuale il prurito vulvare si associa a cistalgie algie pelviche, pollachiuria, ed altri sintomi riconducibili a stati di irritazione cronica genitale. Anche nella parametrite cronica, altrimenti detta sindrome da congestione pelvica,  questi casi concomitano fattori organici e fattori emozionali, con predominanza ora degli uni e ora degli altri; spesso è palese un’alterazione del rapporto di coppia, matrimoniale o no, per cui la donna cerca di sottrarsi, adducendo motivi organici, alle richieste sessuali di un partner non desiderato, o non più desiderato. 

Lo stato congestizio ingravescente degli organi genitali interni può essere causato da un’eccitazione sessuale cronicamente incompleta o insoddisfatta. Difatti esiste nel maggior numero dei casi di donne con parametrite cronica una  storia con un’alta frequenza di contatti sessuali con coitus interruptus.
Quando la donna è soggetta a stimoli sessuali inadeguati, si induce una accentuata stimolazione ipotalamo-ovarica con iperemia persistente dell’apparato genitale e consolidamento del quadro congestizio.  

Una congestione cronica del circolo venoso perineale può influenzare il trofismo vulvare  e procurare prurito incoercibile. Il prurito vulvare costituisce talvolta una sofferenza insopportabile che turba profondamente l’equilibrio nervoso della donna.
Spesso nelle giovani donne che hanno prurito vulvare sono presenti segni di psiconevrosi, di tensioni emotive croniche, preoccupazioni, shocks psichici, ecc…

Nelle donne mature il meccanismo psicodinamico può essere diverso. A volte il prurito vulvare può dipendere da preoccupazioni, idee ossessive, autopunizione per tendenze aggressive, frustrazioni vitali, e spesso risulta associato a frigidità.

Analogamente all’insoddisfazione sessuale, anche l’ipereccitabilità sessuale propria di alcune donne può provocare prurito. Queste non si accontentano di un’attività sessuale che generalmente potrebbe ritenersi nella norma, e sono sempre alla ricerca di nuove occasioni e/o di nuovi partner per poter godere del sesso. Quando non le trovano può scatenarsi un prurito irrefrenabile e il grattamento successivo può avere significato sostitutivo della masturbazione.

Lo stesso meccanismo può invocarsi per le donne fedifraghe, per le quali il tradimento può generare importanti sensi di colpa che somatizzano come prurito vulvare.   

 Andando avanti con l’età, bisogna accennare al prurito delle vedove, anche se le vedove possono essere donne giovani.

La causa del prurito in menopausa può essere addebitata a un desiderio sessuale represso o al fatto che la donna si vergogna per la perdita della capacità riproduttiva. Alla stessa spiegazione si può far riferimento per l’irritazione vescicale e la pollachiuria che frequentemente accompagnano il prurito vulvare. La pollachiuria, scambiata spesso dalla donna con una relativa incontinenza urinaria o con una cistite, si manifesta sia nella pubertà che nella menopausa. Prurito e pollachiuria, in donne asteniche e distoniche, sono considerati sintomi di eccitazione emotiva e sessuale. Specie quando il prurito vulvare in menopausa si accompagna a vampate, cardiopalmo e sudorazione, assomiglia ai sintomi di una eccitazione sessuale.

Il prurito vulvare può avere un andamento altalenante, e poiché raramente è in rapporto con uno stato psicopatico permanente, con il passare del tempo può andare incontro a miglioramenti anche nelle forme più ostinate.

Comunque, il desiderio di grattarsi anche quando sembra doloroso dà sollievo e piacere. Un antico filosofo alla domanda su quale fosse per lui il colmo della felicità umana rispose: «Grattarsi la parte che fa prurito» e, se questa parte è la vulva, la felicità sarà maggiore. Infatti, se ricordiamo che la pelle è nella sua interezza una zona erogena, comprendiamo meglio il significato erotico che lo strofinare la cute dei genitali può assumere per la donna.
   
E’ difficile che la donna ci parli del prurito, e, se lo fa, tende a collegarlo ostinatamente a un problema organico.
Il prurito vulvare, in qualsiasi età della vita ed anche in assenza di lesioni cutanee o di altre malattie, sottende sempre una problematica che bisogna cercare di capire.

E’ compito del ginecologo, o del sessuologo, o del medico di famiglia, disporsi a un ascolto empatico della paziente donna,  per cogliere il significato di un sintomo che non appare di primo acchito, ma bisogna ricercare. La lavandina può essere utile, ma non basta.

mercoledì 8 febbraio 2017

IL SESSO NEI CARDIOPATICI

Autore: Dott. Raffaele Lopreiato   Sessuologo  Vibo Valentia
La cessazione dell’attività sessuale è spesso considerata una conseguenza inevitabile dell’infarto del miocardio. La paura di morte improvvisa incombe come una spada di Damocle sul cardiopatico e segna la fine dell’attività sessuale per molte coppie.

Ma, questa astinenza è veramente necessaria? La sforzo fisico causato dal rapporto sessuale davvero mette in pericolo la vita del cardiopatico?

Di solito si raccomanda ai coronaropatici di ridurre o abolire il fumo, scendere di peso, ridurre l’apporto di colesterolo e di grassi saturi, praticare una modesta e costante attività fisica, ma poco o niente gli viene consigliato a proposito della vita sessuale. Così il paziente si comporta secondo le sue limitate conoscenze, le sue opinioni, le sue paure, le sue superstizioni; può succedere quindi che egli riduca senza giustificazione la sua attività sessuale, spesso fino alla completa astinenza.

Da ciò parte un ciclo comportamentale fatto anche di frustrazioni e conflitti coniugali che non può non ripercuotersi negativamente sul recupero del paziente e provoca un peggioramento dei disturbi cardiaci.

Per impedire che questo avvenga, il medico deve dare consigli chiari ed espliciti in materia sessuale ai suoi pazienti, e quindi deve ben conoscere gli effetti dell’attività sessuale sulle affezioni cardiache.
Gli studi effettuati indicano che l’attività sessuale determina notevoli fluttuazioni della funzione cardiocircolatoria: tachicardia, aumento della pressione arteriosa sistolica e diastolica, aumento della frequenza respiratoria. Queste modificazioni, per quanto drammatiche, sono però molto brevi e sono caratterizzate da un incremento graduale di questi parametri fino ad un massimo che si raggiunge subito prima dell’orgasmo o in concomitanza con esso. Il ritorno ai valori normali di partenza si verifica nel giro di pochi minuti.

Quali sono però le ripercussioni dell’attività sessuale in un individuo affetto da una malattia cardiovascolare?

Dai riscontri effettuati si può fondatamente ritenere che in un uomo di mezza età, sposato da lungo tempo e senza altri motivi perturbanti, il costo fisiologico dell’attività sessuale sia piuttosto modesto, soprattutto se paragonato all’impatto fisiologico dei rapporti sessuali più energici e passionali degli individui giovani. 

Tali risposte fisiologiche sono simili a quelle osservate negli stessi soggetti nel corso della normale attività quotidiana, come guidare l’auto, salire le scale, discutere anche animatamente di affari con qualcuno. Se queste due forme di sforzo fisico (normale attività quotidiana e rapporto sessuale) vengono considerati equivalenti, si può dedurre che gli incrementi dei parametri fisiologici nel corso dell’attività sessuale possano essere considerati accettabili.

Un distinguo bisogna farlo a proposito dell’incremento pressorio: lo sforzo fisico che comporta la normale attività quotidiana, come camminare anche velocemente, salire e scendere le scale, ecc.., comporta un rialzo pressorio omerale senza nessun incremento della pressione arteriosa a livello aortico; invece, sforzi fisici che comportano la contrazione isometrica di gruppi muscolari anche piccoli (come, ad esempio, una stretta prolungata della mano) causano aumenti pressori sia a livello aortico che omerale.

Ora, il rapporto sessuale effettuato dall’uomo in posizione classica superiore provoca una prolungata contrazione isometrica dei muscoli delle braccia e delle spalle, per cui possiamo ragionevolmente affermare che il rapporto sessuale effettuato in determinate posizioni comporta variazioni pressorie più elevate rispetto al coito effettuato in posizioni alternative.

A causa della pericolosità dello sforzo isometrico è necessario mettere in guardia i coronaropatici dall’effettuare forzatamente attività come sollevare oggetti pesanti, portare valigie, lavorare con zappe o vanghe, ecc.. Ai cardiopatici di sesso maschile bisogna quindi raccomandare di praticare, per un certo tempo, il rapporto sessuale in posizioni tali che non comportino una contrazione prolungata dei muscoli delle braccia allo scopo di mantenere il corpo o di afferrare la partner. Posizioni consigliate sono quindi le posizioni laterali e quella con la donna in posizione superiore.

Nei cardiopatici di sesso femminile, invece, qualsiasi posizione non comporta contrazioni di tipo isometrico e, pertanto, i consigli sulla tecnica sessuale sono meno importanti.

Quando il paziente di sesso maschile ha superato la fase acuta, cioè quando non è più necessario il monitoraggio cardiaco ed il paziente può lasciare il letto, spesso cominciano a manifestarsi preoccupazioni ed interesse per l’attività sessuale.  Molti cardiopatici riferiscono che, in questo periodo, le infermiere diventano per loro sempre più attraenti.

Il ritorno dell’interesse sessuale nei cardiopatici di sesso maschile va salutato come un buon segno di recupero ed è la premessa di una vita normale. Interrogando questi pazienti emerge che è frequente la masturbazione già durante la degenza in ospedale, e che questa masturbazione può essere vissuta dal paziente come un fattore estremamente positivo dal punto di vista della continuità dell’attività sessuale.

Una raccomandazione importante è la seguente: vi sono buoni motivi per ritenere che l’attività sessuale espletata con nuovi partner, come avviene ad esempio nei rapporti extraconiugali,  sia particolarmente stressante. Sembra che la maggior parte delle morti improvvise provocate dal rapporto sessuale si verifichi in queste circostanze. E’ chiaro, quindi, come tali attività sessuali siano da evitare da parte dei cardiopatici, ed è compito del medico consigliare il paziente.

Alla luce di quanto già detto, emerge che una regolare attività sessuale senza strappi e con le giuste precauzioni, non solo è possibile ma anche raccomandabile nei soggetti affetti da cardiopatie.