martedì 1 aprile 2014

Medicine non convenzionali.

Agopuntura.
L’idea che un ago infilato in un piede possa migliorare le condizioni del fegato può apparire piuttosto sconcertante. Tuttavia molte persone sofferenti di fegato possono testimoniare che una serie di punture effettuate per mezzo di aghi hanno portato miglioramenti considerevoli. L’antica arte dell’agopuntura presenta molti altri risultati non meno sorprendenti, e la convinzione che si tratti di un’illusione orientale è smentita dal fatto che questa è, da millenni, la tipica forma terapeutica adottata in Cina. Grazie alla sua efficacia dimostrata, l’agopuntura è adottata come terapia da molti medici occidentali.


Le origini di quest’arte sono oscure, ma sembra che, in un modo o nell’altro, gli antichi cinesi si rendessero conto di un’accresciuta sensibilità di certe aree della pelle quando esisteva una menomazione di qualche organo o di qualche funzione fisiologica. Osservando queste aree ipersensibili, essi pervennero a riconoscere l’esistenza di una serie di punti, che potevano venire collegati alla disfunzione di un dato organo nel corso di una specifica malattia; e tali punti dell’agopuntura (circa 800) seguivano uno schema ben preciso sul corpo umano. I meridiani furono identificati con i vari organi. Non solo si riconobbe che queste linee immaginarie diventavano sensibili quando vi era un disturbo organico o funzionale, ma si osservò che agivano come sentieri dell’energia. In esse scorreva l’energia vitale o ch’i.


Si riteneva che la salute esistesse quando tale energia fluiva attraverso i punti dell’agopuntura in uno stato di equilibrio; ma quando vi era un eccesso o un’insufficienza, il risultato era la malattia. Questo stato di squilibrio di riferiva alle due energie, yang e yin, che insieme formano il ch’i. Yang e yin rappresentano, nella filosofia cinese, il principio maschile e quello femminile, il sole e la luna, oppure, in termini più accettabili per la mentalità occidentale, le forze positive e negative, come nell’elettricità. Lo squilibrio nelle quantità relative yang e yin viene considerato come la radice di tutti gli stati patologici. Perché la salute si conservi, il ch’i deve fluire senza ostacoli, e la bravura dell’agopunturista consiste nella capacità di liberare i meridiani, in modo che il flusso dell’energia divenga regolare.


Aromaterapia.

Le recenti ricerche hanno permesso la rinascita di un antico metodo terapeutico basato sull’uso di oli essenziali e di essenze, estratti da fiori, piante, resine ed altre sostanze. L’uso degli oli essenziali nella cosmetologia e quali coadiuvanti della salute costituiva un importante settore della medicina tradizionale in Tibet, India, Cina e Medio Oriente. L’antica medicina egiziana, le cui origini risalgono addirittura al 4500 a.C. era basata quasi interamente sull’uso di sostanze aromatiche, che costituiscono la chiave dell’aromaterapia moderna.

Gli oli essenziali vengono utilizzati per applicazioni sulla pelle; poiché possono venire assorbiti attraverso il tegumento, la loro azione si esplica non solo sulla pelle stessa, ma si distribuisce rapidamente nel corpo con un effetto diretto, stimolante o risanatore, sugli organi interni e sui muscoli. Essi non agiscono solo mediante un processo chimico, ma soprattutto mediante le molecole odorifere, che sono provviste di elettroni liberi. Sebbene, infatti, ogni molecola organica possieda un certo numero di elettroni liberi, la molecola odorifera li possiede in numero più elevato.


E’ importante per chi acquista un olio essenziale tenere conto della sua qualità che dipende soprattutto dal metodo di estrazione e di conservazione: un olio essenziale ottenuto per distillazione ha un effetto molto minore di un olio ottenuto per enfleurage, metodo molto sofisticato che richiede l’impiego di quantità enormi di piante per ottenere quantità di oli molto ridotte; di conseguenza le essenze sono carissime e preziose. Per esempio, per ottenere un chilo di essenza sono necessarie quattro tonnellate di petali di rose.


E’ facile capire la ragione del successo dell’uso degli oli essenziali. Si usano sostanze naturali estremamente concentrate. Gli estratti contengono la quintessenza della pianta, energia nella forma più pura, che penetra nel corpo umano portando con sé considerevoli proprietà rivitalizzanti. Il famoso fisico Romanet affermava: “la molecola odorifera è l’unico ormone vivente”


Gli oli essenziali vengono utilizzati a domicilio, da soli o incorporati in cosmetici e preparati vari, secondo le istruzioni impartite in precedenza; oppure in Centro Benessere o Fisioterapico: in genere viene praticato un massaggio, sul dorso e lungo la spina dorsale, usando il massaggio tedesco e i punti dell’agopressione. A seconda del trattamento necessario, vengono praticati massaggi in altre parti del corpo, in particolare i piedi, le mani, le braccia e il collo, usando l’olio. Ogni essenza possiede proprietà diverse, che agiscono sul copro e sulla mente, influenzando le emozioni. Il trattamento si conclude generalmente con un massaggio facciale. 


Cinesiologia (o Kinesiologia) applicata.

Intorno al 1960 il dottor George Goodheart cominciò a indagare su cause ed effetti delle debolezze muscolari. Da allora, quasi ogni anno, si aggiungono nuove conoscenze che permettono di aprire nuovi orizzonti diagnostici e terapeutici. Il sistema, così ingegnosamente ideato dal dottor Goodheart, è stato denominato kinesiologia applicata.

Il nostro corpo ha un linguaggio tutto particolare che occorre saper interpretare. La semeiotica classica è estremamente miope quando studia segni e sintomi di un organo o apparato senza essere in grado di evidenziarne le interrelazioni esistenti sotto il profilo energetico e riflessogeno. La novità introdotta dalla kinesiologia applicata consiste nell’evidenziazione del rapporto tra tono muscolare, postura e stato di salute. Le più grosse difficoltà che si incontrano a decodificare questo linguaggio sono essenzialmente dovute a:

  1. Convinzioni talora fuorvianti, secondo cui, per esempio, il cranio è considerato una struttura fissa mentre, in realtà, non lo è;
  2. Il fatto di considerare alcuni parametri del linguaggio del corpo come una variabilità del normale;
  3. Una scarsa conoscenza della medicina energetica.

La kinesiologia applicata offre, quindi, la chiave per l’interpretazione delle cause di numerose patologie.   

Cromoterapia.
I colori fanno parte da sempre del nostro mondo, poiché sono inscindibilmente legati alla luce e alla vita; sono energia che interagisce continuamente con noi, che ne siamo consapevoli o meno. Ogni materia, sia organica che inorganica, ha una valenza energetica e un colore. All’inizio del terzo millennio si constata purtroppo che l’uomo sta perdendo progressivamente il contatto con la dimensione della natura: l’urbanizzazione crescente, l’inquinamento e l’alterazione dei ritmi naturali di vita creano per l’uomo un mondo sempre più grigio, privo della sua componente colorata, viva e vitale.

Contemporaneamente, l’uomo si sta impoverendo anche internamente delle proprie componenti energetiche primarie, costituite dall’ espressione delle emozioni, dell’istinto e delle sensazioni, sostituiti oggi dalla cerebralità, dal tecnicismo e dalla competitività. E’ come se dentro e fuori di noi un uniforme strato di grigio rendesse opaco il nostro apparato sensoriale e le nostre emozioni, per permetterci di sopravvivere senza sentire né il dolore né il piacere.

La ripresa di contatto con il mondo dei colori può aiutarci a recuperare la nostra umanità in modo più completo, risvegliando i sensi sopiti, recuperando una maggiore vitalità, intensità emotiva e gioia di vivere.

I metodi per l’applicazione della cromoterapia possono essere diversi:

  • il colore viene trasmesso all’organismo per via epidermica tramite irradiazione luminosa, grazie a lampade o filtri colorati;
  • il colore viene applicato su specifici punti energetici del corpo attraverso un puntale luminoso con luci colorate, che ne restringe il raggio d’azione: cromopuntura;
  • il colore viene introdotto nell’organismo bevendo acqua preliminarmente esposta ai raggi lunimosi del sole in un recipiente di vetro di un determinato colore: acqua solarizzata;
  • il colore viene assunto dall’organismo attraverso alimenti di un determinato colore: cromodieta;
  • il colore è trasmesso attraverso la vibrazione energetica di pietre o cristalli colorati: cristalcromoterapia;
  • il colore agisce sull’organismo attraverso l’uso di abbigliamento colorato da portare possibilmente a contatto con la pelle: abbigliamento colorato;
  • l’assunzione del colore avviene per visualizzazione e respirazione colorata;
  • il colore può essere utilizzato anche nel massaggio, sotto forma di pigmenti colorati naturali veicolati in oli da massaggio: cromomassaggio energetico.     


Floriterapia.
Il metodo ideato da E. Bach, e che da lui prende il nome, viene chiamato floriterapia, cioè “terapia con i fiori”. Si tratta di un procedimento che utilizza essenze di fiori, soprattutto selvatici, raccolti in zone incontaminate e nel momento di massima fioritura, quando il loro potenziale energetico raggiunge il culmine. La floriterapia è una cura dolce, naturale, che mira a restituire armonia al corpo e alla psiche del paziente. Il presupposto è che all’interno di ogni essere umano, anche se malato, ci siano le energie necessarie e sufficienti per ottenere una completa guarigione: si tratta solo di sbloccarle, in modo che queste energie siano libere di agire dall’interno.

Le essenze identificate da Bach sono trentotto, più un rimedio di pronto soccorso, il Rescue Remedy, formato dalla combinazione di cinque fiori e normalmente considerato come il trentanovesimo rimedio. Ogni essenza corrisponde a uno stato patologico potenzialmente in grado di alterare il nostro equilibrio e produrre quindi la malattia. I trentotto rimedi possono essere combinati tra loro a seconda delle necessità individuali. Bach consiglia di non utilizzare più di cinque essenze insieme.

Come funzionano? Una volta individuato il problema, cioè “l’errore che è dentro di noi”, non bisogna muovergli guerra. Al contrario! Bisogna imparare a sviluppare quelle qualità, opposte, che da sole sono in grado di vincere la nostra battaglia per una vita piena, serena, armonica. Per esempio: se abbiamo scarsa stima di noi e del nostro operato, dobbiamo imparare a valutare meglio le nostre azioni e ad essere più indulgenti con i nostri errori. I fiori di Bach ci aiuteranno in questo processo. Unica avvertenza: non bisogna avere fretta! Accade infatti che dopo aver curato un problema inizialmente considerato come prioritario si scoprano altri sintomi, altri disagi, che venivano nascosti da questo problema iniziale e che sono la causa vera, più profonda dei nostri malesseri. I fiori di Bach liberano dagli affanni, dal dolore, da quei muri che pur non volendo abbiamo lasciato crescere intorno al nostro cuore. Questo processo ha bisogno di tempo: non troppo, quello giusto, quello naturalmente efficace.

Fitoterapia. La fitoterapia è la disciplina medica che consente un corretto uso a scopo preventivo o curativo di piante medicinali e loro derivati; essa non segue filosofie o credenze religiose, né metodologie diagnostiche o terapeutiche diverse da quelle della medicina scientifica. Attualmente molti preparati sono prescrivibili in varie forme farmaceutiche previste anche dalla Farmacopea Ufficiale, ed alcuni sono presenti come specialità medicinali.

In questi ultimi decenni la fitoterapia è stata particolarmente rivalutata, sia per la scoperta di nuove piante, sia per le interessanti ricerche sperimentali e cliniche che hanno potuto confermare, spiegare e precisare molte proprietà farmacologiche spesso acquisite in modo empirico, oppure al contrario rilevare e smascherare false credenze popolari ed evidenziarne rischi ed insidie. Impropriamente, e comunque volutamente, da alcuni viene talvolta ancor oggi considerata una terapia alternativa, nel senso comune del termine, cioè alternativa al farmaco di sintesi vissuto nell’immaginario collettivo come un veleno, a differenza del farmaco naturale ritenuto più rispettoso dell’uomo, meno o per niente dannoso, anche se talvolta non è stato oggetto di ricerca ed è scaturito soprattutto dalla medicina popolare e tradizionale.

La fitoterapia in realtà si colloca perfettamente all’interno dell’ortodossia farmacologica. Il rigore scientifico precede, accompagna e segue ogni ricerca. Inoltre i rimedi fitoterapici non sono certo da proporre in alternativa ai farmaci di sintesi, potendo vantaggiosamente venire associati ad essi, oppure viceversa potendo il farmaco di origine sintetica venire a completare una terapia prevalentemente naturale. Dalla scienza e coscienza del medico dipenderà la giusta integrazione delle possibili terapie, in base al paziente, alla patologia in atto, alla possibilità di ottenere un certo risultato a fronte di rischi conosciuti e calcolati.

La pianta deve essere considerata un contenitore di sostanze chimiche talora anche molto complesse, dotate di possibili attività farmacologiche, e per questo anche tossicologiche. Possibili e più comuni di quanto ritenuto sono gli effetti collaterali, le interazioni farmacologiche e le controindicazioni, così come le reazioni allergiche. Il medico che presta le proprie attenzioni e le proprie cure al malato e non alla malattia dev’essere sempre in grado di proporre l’indicazione terapeutica più giusta. A parità di effetti, dovrà scegliere il trattamento meno rischioso, meno dannoso e più economico, sia esso un chemioterapico, un atto chirurgico, un farmaco vegetale o un trattamento termale, o la combinazione di più di essi contemporaneamente. 

Grafologia.
Il concetto che la particolare forma di una lettera possa indicare che lo scrivente possiede certe qualità, o può comportarsi in un determinato modo, ha sempre suscitato l’entusiasmo di molti dilettanti in tutto il mondo. In Europa l’influenza tedesca sulla ricerca ha fornito una struttura disciplinata  d’indagine sugli aspetti neurologici, emotivi ed intellettuali del movimento grafico, che finì per conferire dignità universitaria alla tecnica. Oggi l’analisi scientifica della scrittura viene accettata come aiuto diagnostico nei casi di disfunzione della personalità, sia che la causa possa aver origine in una complessa malattia psichiatrica, sia che risulti relata a qualche disadattamento emotivo più chiaro.

Nel considerare il contributo che un grafologo può dare alla medicina, è importante riconoscere che, nei casi di infermità fisiche, non  è possibile iniziare alcun trattamento in base alla grafia. Si possono soltanto segnalare i fatti osservati ad una terza persona qualificata, e fornire informazioni circa la probabile causa dei disturbi o del deterioramento. 

Certi disturbi del sistema nervoso, come il morbo di Parkinson, presentano indicazioni grafiche precise; questo vale anche per coloro che sono affetti da paralisi cerebrale fin dalla nascita, o per coloro che hanno subito un incidente o sono affetti da un tumore. La grafia è stata descritta giustamente come scrittura del cervello, perché è controllata da muscoli che sono stimolati da impulsi nervosi generati nell’area del corno ventrale del midollo spinale, e perché il flusso di tali stimoli è regolato in notevole misura dai centri motori della corteccia dell’emisfero cerebrale dominante.

La scrittura è un comunicatore di pensieri e di sentimenti, oltre che un mezzo di contatto sociale; esprime la mente di chi scrive, il suo spirito intellettuale e la sua psiche, tanto che gli sviluppi della personalità nel corso degli anni si rispecchiano negli sviluppi delle forme basilari di scrittura apprese nell’infanzia. Se non fosse così, la scrittura sarebbe un’abilità meccanica che, una volta imparata, darebbe come risultato una produzione comune, identica per quanto riguarda la forma, la grandezza e l’inclinazione: e questo in pratica non avviene mai.
Quindi, nell’espressione grafica si riflettono non solo i disturbi della mente, ma anche quelli della personalità. Il modo in cui l’individuo tratta le informazioni ricevute dal mondo, e vi stabilisce il proprio posto, è uno schema di comportamento che si può ricostruire in base al modo in cui egli affronta la sfida implicita di proiettare se stesso sulla pagina bianca. 

Naturopatia.
“Vis medicatrix naturae” (Ippocrate, Padre della Medicina, 400 a.C.).  Quando si riesce ad afferrare il significato delle parole di Ippocrate in  rapporto alla forza vitale, al potere risanatore presente in tutti gli esseri viventi, si incomincia a comprendere l’essenza della naturopatia, nella cui luce tutti i suoi principi ed i suoi metodi terapeutici formano una metodologia chiara e sensata dell’autoterapia. Le cellule viventi tendono a funzionare per il bene di tutto l’organismo, il quale a sua volta opera per mantenere sane le cellule ed eliminare i rifiuti.

Nel loro ambiente naturale gli animali si ammalano raramente; scelgono per istinto quando e cosa mangiare, e sentono l’ambiente come un ecosistema, e vi reagiscono di conseguenza, rispecchiando indiscutibilmente le leggi di causa ed effetto della Natura. Talvolta, trovandosi deviati da questo stato di equilibrio, probabilmente a causa dell’interferenza dell’uomo, ascoltano la voce della Natura che li guida, e lasciano che la forza vitale rinnovi il loro organismo, cercando la solitudine e il digiuno.

La cura naturale può venire descritta come un modo di vita in cui anche l’uomo schiude la coscienza a questi processi energetici e condivide con gli animali un’armonia tra sé e l’ambiente riuscendo a vivere un’esistenza sana. Lo stile di vita naturopatico non richiede una terapeutica esterna vera e propria, poiché un corpo sano si autoequilibra e autoguarisce. Quando l’uomo si allontana dal suo sentiero naturale, appaiono i sintomi, che costituiscono segnali dolorosi e che lo esortano a rendersi conto di essere, lui stesso, la causa dei suoi disturbi.

La naturopatia abbraccia tutti i metodi terapeutici che permettono di riportare l’organismo umano al suo stato originale di integrità. Sostanzialmente, mira a liberare e a ristabilire la forza vitale con mezzi naturali. La naturopatia si occupa dell’integrità e dell’equilibrio, e del principio secondo il quale da tale stato può derivare solo la salute. Le parti del corpo non vengono viste come separate, ma come aspetti interdipendenti che formano il tutto; la qualità di ogni parte influisce sul tutto e viceversa. Il naturopata cerca di ristabilire l’integrità, in modo che la forza vitale possa fluire pienamente.

Neuralterapia.
La terapia neurale o neuralterapia è una tecnica poco conosciuta in Italia, ma praticata in molte strutture pubbliche straniere. Risalgono al 1840 gli studi sul comportamento dell’organismo dopo applicazione di anestetici locali. Questi studi, sviluppati e approfonditi dai fratelli Ferdinand e Walter Huneche, approdarono a una terapia, la terapia neurale o neuralterapia, che si diffuse rapidamente prima in Germania e poi all’estero.

Questa metodica è stata classificata come terapia naturale, in quanto agisce interrompendo la trasmissione di uno stimolo irritativo, riprogrammando il sistema nervoso vegetativo e restituendo al sistema di base la sua autoregolazione. Il meccanismo d’azione di questa terapia appartiene alla cibernetica, scienza i cui elementi di base sono la teoria dell’informazione, dei processi di regolazione e dei sistemi di controllo che possiedono proprietà di adattamento e di autorganizzazione negli organismi viventi.

Nella successione a tappe di un sistema fisiopatologico, secondo il punto di vista cibernetico, il disturbo dell’informazione sta al primo posto. Esso è seguito dal disturbo della regolazione e dal disturbo della funzione-struttura o struttura-funzione. In fondo a questa successione di disturbi vi è il disturbo della struttura. Il sistema nervoso vegetativo funge, in questo processo, da sistema di informazione a trasmissione rapida, il cui disturbo scatena il primo passo fisiopatologico nella direzione di una malattia.

L’obiettivo primario dell’arte e della scienza medica è la cura della malattia attraverso una diagnosi e una terapia corrette. La neuralterapia può essere applicata in tutte le discipline mediche dove esiste un focolaio responsabile di malattie croniche. 

Non esiste un altro metodo terapeutico che riesca a trattare queste malattie riferibili a campi di disturbo in modo così complessivo dal punto di vista diagnostico e terapeutico; la velocità del successo terapeutico sorprende sempre anche il medico più esperto e il paziente ed è legata alla profonda conoscenza del sistema nervoso vegetativo e delle sue connessioni.

Omeopatia.
L’omeopatia è una metodica terapeutica che si basa sulla legge di similitudine. Tale legge (similia similibus curentur) assieme a quella dei contrari (contraria contrariis curentur), nel corso dei secoli è stata presente nel pensiero medico con alterne vicende.

Ippocrate, padre della medicina, edificava la sua medicina su ambedue le leggi, utilizzando quella dei contrari quando gli era nota la causa del male, e quella dei simili quando questa gli era sconosciuta e doveva basarsi sulle reazioni individuali del malato “la febbre è soppressa da ciò che la produce e prodotta da ciò che la sopprime”. Anche Galeno, che prediligeva la legge dei contrari, non disdegnava, talvolta, di applicare quella dei simili. E così anche Averroè (medicina araba) conosceva ed applicava la legge di similitudine: “non ogni cura si fa con il suo contrario”. Negli anni a cavallo tra il 400 e il 500 una nuova grande figura si affaccia all’orizzonte della medicina: si tratta di Paracelso, grande medico, filosofo, scienziato, pensatore, alchimista, cui la chimica moderna deve molto. Paracelso afferma che “la natura è maestra del medico, che deve saper interpretare l’ordine universale, il macrocosmo che si rispecchia nel microcosmo; il medico deve essere ministro e difensore della natura” e poi accusa i medici del suo tempo di non rispettare la natura e di danneggiare, anzi, l’organismo malato con la somministrazione di rimedi tossici.

Possiamo dunque vedere la continuità dei principi che regolano il pensiero omeopatico nel corso dei millenni in ogni civiltà, ed ancora oggi possiamo ritrovare il nucleo del principio di similitudine nel concetto di vaccinoterapia, organoterapia, sieroterapia. 

E’ così che giungiamo alfine a Samuele Hahnemann, padre dell’omeopatia moderna. Nato in Sassonia nel 1755, fin dall’infanzia manifestò quella intelligenza brillante  e acuta che lo portò a costruirsi una fama notevole di medico e di scienziato, prima, e poi alla critica spietata dei metodi terapeutici del suo tempo, fino all’esplosione della inevitabile crisi: nel 1789 chiamò i suoi pazienti e disse loro: “Amici miei, potete andarvene di qui, io non so, purtroppo, lenire le vostre sofferenze, non so guarirvi. Non voglio, dunque, rubare il vostro denaro”.  Così egli rinunciava alla fama e alla ricchezza. Per vivere si dedicò ala lavoro di traduttore, compito per lui facilitato dalla profonda conoscenza di ben otto lingue. 

A tutti è noto l’esperimento che Hahnemann fece su se stesso procurandosi la malaria con l’assunzione per via orale della china, il farmaco (chinino) che veniva dato proprio per combattere quella malattia. Dopo questo primo esperimento tanti altri ne fece provando altre sostanze prima su se stesso, su un piccolo numero di seguaci, di familiari, arrivando sempre alla stessa conclusione: le sostanze farmacologicamente attive, assunte da un soggetto sano, sono in grado di provocare un quadro sintomatologico simile, sovrapponibile a quello delle malattie che esse sono in grado di curare se assunte da soggetto ammalato.
Inizialmente egli non somministrava la sostanza in dosi infinitesimali, ma in dosi ponderali: è chiaro che, in queste condizioni, egli vedeva comparire gli effetti tossici dei medicamenti con risultati a volte disastrosi. A questo punto, proprio per evitare gli effetti tossici, pensò di diluire la sostanza. E qui nasce la dinamizzazione, perché per essere sicuro di omogeneizzare perfettamente la sostanza con il solvente, egli la sbatteva ripetutamente, facendola rimbalzare.

Così facendo vide comparire nel rimedio delle peculiari caratteristiche, che talora si discostavano dalla mera azione tossicologica: il rimedio, diluito e dinamizzato, si dimostrava in grado di provocare, nel soggetto sano che lo assumeva, delle particolari variazioni che erano dipendenti sia dalla qualità del rimedio, sia dalle diverse diluizioni-dinamizzazioni. Era possibile, dunque, trattare i malati affetti da una determinata patologia utilizzando, diluita e dinamizzata, la sostanza capace di provocare nel soggetto sano una simile patologia.

Nel suo Organon, dell’arte del guarire, opera fondamentale dell’omeopatia, egli così illustra le basi teoriche del suo metodo: “Finora le malattie dell’uomo non sono state guarite razionalmente, o seguendo principi fissi, ma seguendo dei propositi variabili, con un ruolo piuttosto palliativo: contraria contrariis curentur. In contrasto con questo è la verità, il reale modo di guarire…..dolcemente, rapidamente, durevolmente, scegliendo, per ogni paziente, un rimedio che sia in grado di provocare una malattia simile a quella che è da curare: similia similibus curentur.” L’Organon rimane la struttura fondamentale su cui costruire la propria preparazione omeopatica: nessun medico che vuol dirsi omeopatico, a tutt’oggi, può esimersi dallo studiarlo a fondo.

Nel corso degli anni che seguirono l’omeopatia seguì alterne vicende, in parte subordinate a variabili etniche, storiche, geografiche, politiche, in gran parte condizionate dai progressi della scienza medica, che seguì strade diverse, raggiungendo obiettivi diversi, con scoperte eclatanti, soprattutto nel campo della microbiologia e della biochimica: tali scoperte fecero si che si raggiungessero traguardi insperati nella diagnosi e nella cura di moltissime malattie.

Oggi sappiamo che il prezzo iatrogeno che l’umanità sta pagando è elevatissimo, e questa è una delle ragioni della riscoperta della medicina omeopatica, della richiesta di una medicina più vera, non pagata a caro prezzo, della necessità di una nuova ricerca medica, che soffre, però, della tendenza organicistica e settoriale della ricerca scientifica degli ultimi cento anni.

Ma è proprio grazie a queste scoperte che oggi possiamo costruire, sulle basi che Hahnemann ci ha lasciato, una omeopatia nuova e ad un tempo antica, senza nulla rinnegare delle parole del Maestro, ma con la possibilità di dare una spiegazione scientifica a ciascuna delle sue intuizioni, che non smettono di sorprenderci, per l’esattezza delle corrispondenze con le più recenti scoperte in campo psico-neuro-endocrino-immunologico, recettoriale, biofisico, magnetico, energetico.

Quello che dobbiamo tener presente è che la metodologia omeopatica non può assolutamente prescindere dai dettami del Maestro, che il medico non può e non deve limitarsi a curare l’entità nosologica, ma deve porsi di fronte all’intera umanità del proprio paziente, nella sua complessità psico-fisica, per condurlo dolcemente, rapidamente e stabilmente alla guarigione. 

Omotossicologia.
L’Omotossicologia o Medicina Antiomotossica (etimologicamente: studio dei fattori tossici per l’uomo) identifica nelle omotossine la causa cui ricondurre etiologicamente tutte le malattie, ed ha come razionale terapeutico la detossificazione e il drenaggio.

Qualunque organismo subisce continuamente l’attacco di un’enorme quantità di stressors, definibili come omotossine esogene (batteri, virus, tossine alimentari, fattori di inquinamento ambientale, molecole farmacologiche, ecc..) ed omotossine endogene (prodotti intermedi dei vari metabolismi, cataboliti finali, ecc..)  L’organismo deve essere considerato come un sistema di flusso in equilibrio dinamico (un equilibrio che cambia in continuazione, si adatta alle diverse circostanze, agli attacchi interni ed esterni per conservare la propria integrità).

In queste condizioni, se l’omotossina non è particolarmente virulenta e se i sistemi emuntoriali sono efficienti, essa attraversa l’organismo-sistema di flusso senza determinare alcuna interferenza nella sua omeostasi, che resterà pertanto in una condizione dinamica di equilibrio, cioè di salute. Al contrario, se le tossine sono particolarmente aggressive, e se i sistemi di drenaggio emuntoriale non sono sufficienti, si viene a creare un’alterazione dell’equilibrio che l’organismo, nella sua naturale tendenza verso il mantenimento o il ripristino della propria omeostasi ristretta cercherà di compensare innescando meccanismi supplementari di tipo autodifensivo: le malattie.

Appare chiaro, dunque, che in Omotossicologia la malattia non presenta soltanto una valenza negativa: essa deve essere interpretata come la risultante che scaturisce dalla interreazione tra noxa patogena, fattori ambientali e, soprattutto, reattività individuale.  Per citare il padre dell’Omotossicologia H.H. Reckeweg: “le malattie sono l’espressione della lotta dell’organismo contro le omotossine, al fine di neutralizzarle ed espellerle; ovvero, sono l’espressione della lotta che l’organismo compie per compensare i danni provocati irreversibilmente da esse”.

Da quanto detto finora, è evidente che il termine Drenaggio assume in Omotossicologia un significato diverso da quello comunemente inteso nella Medicina e Chirurgia tradizionale, e cioè la creazione di una via d’uscita per l’eliminazione verso l’esterno di secrezioni biologiche patologiche. Il Drenaggio rappresenta infatti una vera e propria filosofia terapeutica. In senso stretto Drenaggio significa attivazione di tessuti od organi ad attività emuntoriale per l’escrezione aspecifica di fattori tossici.

Il Drenaggio si distingue quindi dalla Detossificazione che è il processo volto alla neutralizzazione ed eliminazione dai tessuti di tossine specifiche. Mantenere l’organismo drenato, ossia libero da tossine, è un presupposto imprescindibile sia per la conservazione dello stato di salute che per una maggiore efficacia delle terapie. Il pieno successo di una terapia di drenaggio passa attraverso una accurata diagnosi della funzionalità organica, una diagnosi che contempli insieme gli aspetti costituzionali, “energetici” e clinici di ogni singolo paziente. I farmaci di Drenaggio non possono avere un utilizzo universale, ma devono essere scelti nel rispetto dell’individualità bio-tipologica del paziente e solo dopo una precisa diagnosi sulla funzionalità degli organi emuntori: apparato tegumentario, apparato respiratorio, apparato urinario, fegato e vie biliari, apparato digerente.

Riflessologia.
Il fondatore di quella che viene comunemente chiamata terapia di zona era un otorinolaringoiatra americano, William Fitzgerald. All’inizio del secolo scorso egli introdusse nel mondo occidentale la tecnica che aveva studiato e che da migliaia di anni veniva usata in Cina e in India. Fitzgerald osservò che l’applicazione della pressione delle dita del pollice , accompagnata da movimenti di massaggio su alcune parti del corpo poteva avere un effetto positivo sulle funzioni fisiologiche di certe altre parti, per quanto lontane dalla zona del trattamento.

Negli anni trenta una signora americana, Eunice Ingham, sviluppò considerevolmente la tecnica di Fitzgerald, ma concentrandosi quasi completamente sulle zone dei piedi. Il principio della tecnica Ingham è il seguente: vi è una diretta azione di riflessi tra le terminazioni nervose dei piedi ed i vari organi del corpo. Le piante e le parti superiori del piede formano una carta completa degli organi vitali: un quadro dell’organismo. La terapia opera a livello funzionale. Può venire usata per la diagnosi, come terapia preventiva e come sistema di trattamento diretto. Ha un effetto equilibrante, favorendo l’omeostasi naturale del corpo e dei suoi organi per controllo a distanza.

Shiatsu.
Largamente praticato oggi in Giappone, lo shiatsu è un antico metolo giapponese di massaggio, basato sul concetto dei meridiani colleganti i punti immediatamente al di sotto della superficie della pelle. Questi punti attivanti, che esistono in tutto il corpo, inclusi i piedi, le mani ed il collo, quando vengono stimolati dalla pressione del pollice o delle dita hanno un profondo effetto sulla fisiologia del corpo. Si può così dare tono ad organi lontani dall’area in cui avviene la stimolazione.

La principale funzione terapeutica del massaggio shiatsu consiste nel correggere la circolazione difettosa, migliorare il metabolismo e curare una vasta gamma di malattie, inclusi la pressione alta, l’artrite, il diabete, i reumatismi, i disturbi gastrointestinali, l’emicrania, le mialgie e l’insonnia. Poiché contribuisce ad eliminare le scorie tossiche e la ritenzione dei liquidi, molte donne lo trovano utilissimo per dimagrire.

Una caratteristica importante dello shiatsu è che si può praticare dovunque, e che lo si può fare anche da soli. Un momento adatto per l’automassaggio shiatsu è dopo il bagno. Dai soggetti stessi che lo praticano apprendiamo che il massaggio shiatsu può dare maggiore energia, favorire la compostezza mentale, guarire la frigidità, migliorare le prestazioni sessuali e risolvere alcuni dei problemi che insorgono nella menopausa.

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