martedì 1 aprile 2014

La terapia occupazionale.

Secondo la definizione della Federazione Mondiale dei Terapisti Occupazionali, per terapia occupazionale si deve intendere “ il trattamento delle condizioni fisiche e psichiatriche attraverso attività specifiche allo scopo di aiutare le persone a raggiungere il loro massimo livello di funzione e di indipendenza in tutti gli aspetti della vita quotidiana”.

Il trattamento agisce sui processi motori, sensoriali e cognitivi del paziente attraverso un articolato programma di attività strutturate (attività di vita quotidiana, attività artigianali, attività espressive, attività artistiche, sport-terapia, gioco adattato, ecc..) che ha come obiettivo il raggiungimento per il paziente disabile della migliore autonomia funzionale possibile e della sua migliore integrazione sociale.


Questa tecnica di lavoro, quindi, si occupa delle attività umane, e utilizza l’applicazione di normali mansioni di vita, o trattamenti specifici, oppure, ancora, usufruisce di una simulazione di attività lavorativa. Il concetto basilare è che una persona, stimolando l’uso delle mani, che sono governate dalla mente e dalla volontà, riesce ad influire anche sul proprio stato mentale. Ognuno di noi può normalmente constatare come “lavorare” non significhi necessariamente guadagnarsi da vivere: è nella natura stessa dell’essere umano impiegare il proprio tempo in diverse attività, che coinvolgono i sensi, ma anche la sfera affettiva, sociale, e così via.

La terapia occupazionale ha tra le sue peculiarità quella di considerare il paziente nella sua globalità, in tutti i suoi aspetti funzionali, cognitivi, sensoriali e relazionali, mentre le altre figure della riabilitazione tendono a mirare il loro intervento su una specifica funzione da riabilitare. In effetti, per molti anni la cultura riabilitativa è stata centrata sull’esigenza di intervenire in modo mirato sulla disabilità fisica o psichica da recuperare. Quando non c’era più nulla da recuperare il paziente veniva istituzionalizzato e solo in quel caso il terapista occupazionale era chiamato ad intervenire intrattenendo il paziente con attività motorie e di animazione più vicine allo scopo di soddisfare esigenze legate alla gestione del tempo libero che a perseguire obiettivi riabilitativi veri e propri. Per molti anni questo equivoco sulle funzioni della terapia occupazionale ha contribuito a relegarne il ruolo terapeutico ai margini della riabilitazione.

La terapia occupazionale, pur con molto ritardo e tra mille difficoltà, comincia ad assumere anche in Italia il ruolo che le compete, e cioè, quello di partner diretto e indispensabile della chinesiterapia alla quale gradualmente subentra man mano che il trattamento riabilitativo procede: essa deve mettere il paziente in condizioni di tradurre i guadagni di mobilità e motilità acquisiti con la chinesiterapia in abilità funzionali a livello di attività della vita quotidiana e soprattutto di indipendenza. Si può ritenere che mediamente il 70-80% dei pazienti sottoposti a trattamento riabilitativo necessiti di terapia occupazionale.

Come avviene per qualsiasi altro approccio riabilitativo, anche la terapia occupazionale deve essere strettamente individualizzata, in base alle specifiche necessità del paziente e alle caratteristiche del suo ambiente di vita. Gli strumenti della terapia occupazionale sono gli stessi con il cui impiego l’individuo deve stabilire un diverso rapporto, data l’attuale diversità della sua situazione funzionale: effetti personali, stoviglie, mobili, strumenti vari, ausili, eventuali protesi ed ortesi, fino a scale, ascensori, mezzi di trasporto, e via dicendo. Il terapista occupazionale può e deve inoltre partecipare allo studio e alla realizzazione di eventuali modifiche dell’ambiente di vita del paziente per renderlo il più possibile adeguato alle sue capacità funzionali.

Prima di attuare qualsiasi programma terapeutico è necessario che il terapista occupazionale proceda ad una valutazione del paziente con degli strumenti adeguati. Una delle scale di valutazione più utilizzate è la scala FIM (Functional Indipendence Measure) mediante la quale vengono valutate un numero minimo di abilità funzionali come indicatori della disabilità e, più correttamente, come indici delle capacità reali e presenti del paziente; inoltre, la FIM identifica il carico assistenziale, cioè il contributo in tempo o in lavoro da destinare al paziente disabile per la soddisfazione dei suoi bisogni al fine di raggiungere e/o di mantenere una soddisfacente qualità della vita.

Nella scala di valutazione FIM sono tre le aree prese in considerazione: l’area motoria, che è comprensiva della cura della persona (nutrirsi, rassettarsi, lavarsi, vestirsi dalla vita in su, vestirsi dalla vita in giù, igiene perineale), della mobilità (trasferimenti: letto-sedia-carrozzina, WC, vasca o doccia) e della locomozione (cammino, carrozzina, scale). L’area sfinterica (controllo sfinterico: vescica, alvo); l’area cognitiva, comprensiva della comunicazione (comprensione, espressione) e delle capacità relazionali/cognitive (rapporto con gli altri, soluzione dei problemi, memoria).

La valutazione dettagliata di queste aree permette di individuare in modo specifico le difficoltà del paziente, come intervenire e in quali settori ha ottenuto i miglioramenti. L’obiettivo principale è l’identificazione di ciò che il paziente è in grado di effettuare realmente nella vita quotidiana e in che misura il trattamento di terapia occupazionale consente di renderlo capace di eseguire le attività funzionali per la sua autonomia in condizioni abituali.

Un piano di trattamento di terapia occupazionale tiene conto di tutta una serie di sintomi che si presentano in relazione alla localizzazione della lesione e che determinano non solo disfunzioni riguardanti la postura e il movimento, ma anche la capacità di percepire l’ambiente e organizzarsi in modo sequenziale al fine di eseguire un atto motorio finalizzato e intenzionale.

Lo scopo è di potenziare, migliorare, stimolare la capacità di autonomia dei pazienti, intesa come abilità cognitiva, motoria e psichica mirante al soddisfacimento dei bisogni e degli interessi del soggetto inserito nel proprio contesto sociale.

L’intelligenza e l’abilità cognitiva dipendono dall’abilità integrativa del cervello: i processi integrativi possono essere disturbati da una lesione del sistema nervoso centrale, determinando una caduta delle capacità mnemoniche, di orientamento, di formulazione di un ragionamento astratto e questi elementi interferiscono sulla capacità di apprendimento. Quindi se un soggetto è incapace di integrare le funzioni cognitive nell’azione, la sua capacità di apprendimento risulterà fortemente indebolita, con riflessi anche sulle potenzialità riabilitative.

Dal punto di vista psicologico il paziente è spesso confuso, sbalordito, spaventato e disorientato, condizioni che determinano comportamenti depressivi, demotivati, apatici o regressivi. Tali fattori comportano una limitata capacità ad eseguire dei compiti e una difficoltà a trasferire le abilità apprese da una sistuazione all’altra.

La motivazione del paziente a partecipare al programma riabilitativo è determinante, ma il recupero dipende anche dalla personalità premorbosa e dalla situazione passata e presente. L’adattamento del paziente è strettamente legato alla sua famiglia e agli atteggiamenti che questa ha verso di lui e verso la sua menomazione.

La famiglia, pertanto, svolge un ruolo importante per il reinserimento del soggetto e a tal fine deve essere preparata a capire le difficoltà in moda da stabilire obiettivi realistici che utilizzino appieno le abilità residue  e rendere l’individuo autonomo nelle attività della vita.

Attraverso un’attenta valutazione delle capacità e delle incapacità si deve elaborare un piano di trattamento adeguato ai bisogni individuali. L’osservazione del paziente nella sua organizzazione del tempo permette al terapista occupazionale di formulare un programma d addestramento abituale inteso come abitudine di vita, basato sul principio che il normale uso del tempo in una significativa routine giornaliera dovrebbe esercitare una forza organizzante.

Alla luce di quanto esposto, gli obiettivi della terapia occupazionale possono essere così identificati:

  • ripristinare la funzione fisica per quanto possibile aiutando il paziente ad adattarsi e/o compensare la perdita di funzionalità stimolando l’autonomia;
  • contribuire a preparare il paziente ad una vita il più normale possibile presso il proprio domicilio;
  • riacquistare la capacità di usare in modo appropriato e funzionale oggetti e strumenti necessari alle Attività della Vita Quotidiana. 

   

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